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Lucera rischia di perdere 15 milioni per il Castello




Questi fanno sul serio a fare polemica. Si sta giocando pericolosamente sulle pelle del castello federiciano di Lucera, che dispone, in questi tempi di magra finanziaria, di ben 15 milioni di euro  per una serie importante di interventi al suo interno. Si tratta di un progetto cosiddetto di riqualificazione che porta il nome di “Terre e torri del Puer Apuliae”, che prevede la realizzazione di cassoni angioini per la riproduzione degli alloggi delle truppe angioine e la ricreazione in legno del palatium di Federico II. E’ un progetto che porta due  firme importanti: quella del docente universitario Paolo Marconi e l’altra dell’architetto Stefano Serpenti, sul cui lavoro si è espressa favorevolmente la Soprintendenza: Dette così le cose, sembrerebbe emergere un quadro tecnicamente e formalmente ineccepibile. Invece, parrebbe di no. Il primo a prendere le distanze è il Rettore dell’Università di Foggia, il prof. Giuliano Volpe, il quale non è d’accordo sul fatto che i reperti di “San Giusto” debbano essere custoditi all’interno del maniero. A Volpe si aggrega il docente di storia medioevale, il prof. Raffaele Licinio, il quale sostiene come sia una aberrazione storica  quella idea progettuale di mettere mano alla connotazione del castello lucerino. Un gruppo di studenti delle Università di Bari e Foggia ha promosso una raccolta di firme per bloccare il progetto, perché, afferma, se realizzato, determinerebbe dei falsi storici, così come sostiene anche il prof. Licinio. Non solo.  Gli studenti sostengono di dirottare le risorse verso la realizzazione di interventi diversi, tra cui quello importante del consolidamento delle mura di cinta, che sono a rischio scivolamento per il deterioramento della base collinare. Insomma, siamo al tutti contro tutti. 
Il rischio serio è che Lucera possa perdere il finanziamento, quando sembrava che finalmente stesse per avere in carnet un intervento davvero qualificante e strutturale per uno dei gioielli della sua  straordinaria monumentalità.  Che in democrazia si possa non essere d’accordo su un progetto è perfettamente legittimo. Quello che l’uomo della strada non comprende è come mai un progetto firmato da due autorevoli autori e controfirmato dalla Sovrintendenza venga contestato in piazza, quasi l’argomento fosse da campagna elettorale. Addirittura di parla tranquillamente di falsi storici, come se i due firmatari e la stessa Sovrintendenza  non abbiano la competenza idonea a produrre una progettualità in sintonia con la storia del monumento.  Vanno certamente rispettate le opinioni degli esperti prima citati e del gruppo di giovani studiosi,ma ciò non fa mancare il sospetto che  alla fine vi sia qualche ragione non proprio parente stretta della logica  comportamentale, posto che tutte le eventuali obiezioni bisognerebbe farle nelle sedi appropriate, come si dice oggi istituzionali.
Il progetto è stato ampiamente illustrato, per cui le prese di posizioni a distanza, nelle piazze, a latere si prestano a far sorgere qualche perplessità perlomeno procedurale. Qui si tratterebbe  di disarmonie storiche vistosissime, gravi, motivo per il quale le “osservazioni” andavano fatte nelle sedi ufficiali. Secondo il nostro modesto punto di vista. Anche perché, a parte le indicazioni del progetto, vi è una diversità di veduta sull’utilizzo del finanziamento, nel senso che vi è anche la proposta di intervenire sulla staticità del maniero, anziché sulla rivisitazione interna.  E già questa divaricazione di posizioni è importante, perché prima di pensare a ridisegnare gli spazi interni, bisognerebbe preoccuparsi di evitare che il castello possa scivolare a valle. E non ci sembra questione di poco conto! A questo punto, dopo che hanno parlato in tanti, occorrerebbe un intervento formale della Sovrintendenza per farci conoscere il suo punto di vista e gli argomenti di merito che l’hanno indotta a condividere  il lavoro dei due progettisti.

a.d.m.

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