MUSICA Novità discografiche         Pubblicata il

Billy Cobham, Drum’n voice due just groove




In epoca di globalizzazione può anche accadere che il più grande batterista di tutti i tempi per incidere sbarchi in Italia, nell’hinterland milanese, e grazie alla collaborazione della famiglia Nicolosi, musicisti, titolari della sigla Novecento attiva sin dagli anni ‘80 e di uno studio di registrazione oltre che responsabili della produzione, degli arrangiamenti e compositori della maggior parte dei brani, riescano a radunare attorno a sé il gotha della fusion mondiale per la seconda parte di un progetto nato cinque anni fa e che cerca di rinverdire i suoni, le atmosfere (e i fasti) di Spectrum, album dei primi anni settanta e pietra miliare della "macchina del ritmo". Per dare la dimensione dell’operazione basterà citare un po’ di nomi: Cobham ha fatto parte - tanto per citare i più noti - della band stellare riunita dal chitarrista britannico John Mc Laughlin attorno alla sigla Mahavishnu Orchestra, fu chiamato da Miles Davis ai tempi di Bitches brew, il disco che segnò la nascita del genere allora chiamato jazz-rock e accompagnava il tastierista e arrangiatore brasiliano Eumir Deodato nei due primi dischi, Prelude e Deodato 2, che riuscirono a battere tutti i record di vendita. Ma quello che impressiona di più è la corte di musicisti che il nostro è riuscito a richiamare: dai chitarristi Frank Gambale e Dominic Miller a Brian Auger, l’indimenticato leader degli Oblivion Express, da Jan Hammer presente ai tempi di Spectrum al percussionista sessionman Airto Moreira, da Buddy Miles ai mostri sacri del basso Jeff Berlin e John Patitucci. Fino alla sorpresa della presenza al sax di Michele Carrabba, da San Giovanni Rotondo, che sostituisce nientemeno che Michael Breker, presente nel primo disco del progetto e alle prese con gravi problemi di salute. Anche se non si registrano novità sensazionali, ma non poteva esser diversamente data il dichiarato tributo al passato, tuttavia il groove è quello giusto, la musica suona fresca e godibilissima, il che, in tempi di magra creativa quali quelli che stiamo attraversando vi assicuro che non è poco. Tra i brani si distinguono Running per i vertiginosi giri di basso, Final destination con la sezione fiati tipicamente seventy, One more day to live cantata da Mike Lindup che suona tanto "a la Hall and Oates" e Let me breathe impreziosita dalla tromba di Guy Barker.

Michele Colucci

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