POLITICA Europa         Pubblicata il

I nostri guai provengono dall’America




L’angolo di Antonio Di Muro

I guai che si stanno abbattendo sulla nostra economia (e su quella dell’eurozona) provengono dalla lontana America. Sì, è proprio così, anche se l’uomo della strada è di ben altro orientamento. Per molti anni, si è pensato che erano i potenti Stati Uniti a soccorrere il mondo intero in termini finanziari (oltreché militari), forti della solidità e del prestigio del loro dollaro e di una rete import/export che dominava su tutte le altre, non solo in termini di modernità, ma soprattutto per la sua estensione planetaria. Certamente, non si deve scordare che dopo il periodo bellico l’America ci ha dato non una ma due mani nel risollevarci, come ha avuto modo di affermare in diverse occasioni l’allora ministro del Tesoro repubblicano Ugo La Malfa. Ma, questa riconoscenza non deve esporci ad una analisi dentro la quale prevalga eterna gratitudine, oscurando quegli elementi che oggi obiettivamente ci stanno portando a ripercorrere i sentieri della povertà.  Da noi pensiamo che le colpe della determinazione e dell’aggravarsi del debito pubblico dipendano dai governi che si sono alternati alla guida della cosa pubblica, soprattutto negli ultimi anni. Un po’ è così, ma non è tutto. Da un decennio viviamo nel pieno di una serie di bolle speculative che hanno destabilizzato il mercato: internet, immobiliare, la sub-bolla delle materie prime, la speculazione sui debiti sovrani. 
Queste hanno determinato un deterioramento complessivo del mercato europeo che è l’espressione - come più autorevolmente sostiene l’ex ministro Renato Brunetta - di una entità disomogenea, nella quale ci sono paesi penalizzati come l’Italia e Spagna. Si parla tanto di spread, che non dipende da questo o quel governo (Berlusconi meno bravo di Monti e viceversa), ma dalla debolezza della gestione europea. Le cause sono tante. Spesso sul banco degli imputati va la politica monetaria, come quando si sottolinea che la FED (Federal Reserve, Banca Centrale degli Stati Uniti) è diversa dalla BCE (Banca Centrale Europea); la FED è autorizzata ad immettere liquidità sul mercato nei casi di necessità; la BCE, invece, non funge da garante del solvibilità degli Stati dell’eurozona.  All’interno di questi meccanismi non c’è una visione politica unitaria. Anzi, succede il contrario, nel senso che dalla crisi ciascuno stato membro tenta di ottenere un risultato che migliori la propria situazione interna, specie quando si parte da una posizione di forza come quella che esprime oggi la Germania. E’ troppo evidente che si vogliono salvare le economie dal fallimento col conseguente trascinamento dell’euro, occorre approvare e condividere linee di comportamento omogenee, incominciando a trovare punti concordi sui modelli legislativi. Sino a quando non si farà questo le reiterate manovre non serviranno a nulla e ci porteranno diritti alla recessione complessiva dalla quale nessuno si salverà.

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