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L’Ospedale è forse un falso problema


Ingresso pedonale al presidio sanitario di Lucera (photo C. Montuori)


A pensarci bene il mantenimento o meno dell’ospedale è un falso problema. Ragioniamo senza paraocchi. I soloni della sanità regionale ci dicono di non preoccuparci  perché i territori non resteranno scoperti, nel senso che a fronte della soppressione o ridimensionamento del nostro ospedale  faranno la loro presenza nei Comuni strutture che consentono praticamente di avere l’assistenza sanitaria in casa. La chiamano assistenza o medicina alternativa, qualcosa che sa di miracolistico, di avveniristico. Pensate: ci dicono che nei centri del Subappennino giungeranno di persona gli specialisti, quelli che dovrebbero stare in ospedale ed, invece, avranno da fare a domicilio del paziente.  Non vi saranno i ricoveri di oggi, perché è dimostrato che tante volte far defluire l’ammalato nelle corsie è improprio, nel senso che non è necessario e per di più pesa molto sul bilancio della sanità. E, dicono ancora, sarà anche una assistenza paraospedaliera o sanitaria più agile, più fresca, qualitativamente migliore. Se qualcuno crede a queste panzane alzi la mano! Tutto ciò è impensabile, se pensiamo che ora nel Subappennino dauno l’assistenza sanitaria è praticamente inesistente o perlomeno carente, perché non può definirsi tale l’apporto che danno i medici di base o qualche sperduto ambulatorio, dove talvolta non hanno neppure il minimo indispensabile per curare una ferita. Ma, per un momento, ammettiamo che tutto ciò sia vero e possibile.
In una azienda seria che si porta sulla strada della conversione, si vara dapprima il piano della nuova attività, farla decollare e parallelamente procedere alla eliminazione di quello che si intende tagliare o distruggere.  Non solo. Si fanno anche i conti per comprendere il livello di sostenibilità della nuova iniziativa e l’utilità della stessa. Tutto ciò non avviene. Si dice demoliamo l’ospedale di Lucera e poi vediamo. Signori, quel “poi vediamo” riguarda la  sfera dei malati, delle persone più deboli e socialmente al limite del collasso, a persone che già devono fare salti mortali non per vivere, ma per sopravvivere! Il “poi vediamo” noi lo vogliamo vedere subito, anche perché bruciano ancora sulla nostra pelle le tante promesse non mantenute, le tante inadempienze della Regione che dovrebbe salvaguardare soprattutto  le fasce dei più tartassati, posto che si ispira ad una sinistra che ogni giorni predica di voler aiutare i più deboli , mentre nella realtà fa il contrario. Cosa vogliano dire con questo discorso? Vogliamo dire che se davvero ci fosse già sul campo l’assistenza moderna e avveniristica di cui parlano i sapientoni regionali, si potrebbe anche fare a meno dell’ospedale, posto che nella resa dei provvedimenti sarebbero salvaguardati le esigenze minime delle popolazioni in tema di assistenza sanitaria.
Il guaio è che così non è e francamente non ci vuole molto per capirlo. I raccontafrottole della Regione sperano di farla franca vendendo bugie, ma alla fine dovranno saldare il conto, specie se l’operazione ospedale avrà fatto capire alle forze politiche del territorio che bisogna dotarsi in proprio degli strumenti a difesa di quel poco che ancora resta da difendere. E’ molto significativa la mobilitazione di questi giorni, con espressioni anche di martirio che fa onore a quelli che hanno intrapreso marce defaticanti e scioperi della fame, mettendo a rischio sul serio la propria salute.  Queste manifestazioni devono ricompattare il quadro politico dei centri interessati, facendo gioco di squadra tutti i giorni, senza dividersi su quisquiglie, direbbe Totò, ridicole e senza alcun pregio di prospettiva seria. Altrimenti ci considereranno sempre dei poveracci con la mano tesa verso i potenti di turno.

a.d.m.


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