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Ricordando Federico II nell'anniversario della sua morte. Riflessioni di Vito Carrescia




Oggi ricorre, oltre la festività di Santa Lucia, anche il giorno in cui, nel 1250, Federico passò a miglior vita.
Atteso che noi tutti ci gloriamo del nostro "Puer Apuliae", che sulla Sua figura si organizzano altisonanti convegni, salvo poi a ricordarcene solo in quella occasione, vorrei consegnarvi qualche memoria dell'epoca:

Matteo Spinelli, nei suoi Diurnali, così narra la morte dell'Imperatore:

"Il dì di Santo Simeone e Juda l'Imperatore venne allo Castello Bellomonte. Lo d' di Santa Caterina (25 dicembre) lo Imperatore piglia la via di Lucera. Alli 29 del detto mese si è saputa la notizia che l'Imperatore sta malato. Allo 1 Dicembre dissero quelli che passarono per Giovinazzo che l?imperatore sta malissimo. Alli 9 si sparse la voce  che era fora di pericolo. Alli 13  che fu lo dì di santa Lucia MORIA e la sera innante aveva mangiate certe pere  con lo zucchero. E questo era l'anno 1250"
Gli era accanto il figlio Manfredi ed  il fedele Arcivescovo di palermo, Berardo.
"E' caduto, disse Manfredi nel messaggio di morte al popolo, è caduto il sole del mondo che risplendeva sulle genti. E' caduto  il sole di giustizia. E' caduto l'autore di pace.

Una riflessione: la figura di Federico II è grande e complessa e, se pur radicata nel Medioevo per la sua concezione universalistica e sociale dell 'impero, era, però, già aperta  alla modernità per la visione dello Stato Monarchico amministrativo realizzato in Sicilia, per la Sua tolleranza religiosa, per la Sua versatilità culturale che spaziava dalla scienza musulmana al diritto romano. Fu non meno sensibile  alle tradizioni tedesche che alle innovazioni letterarie provenzali ed italiane ( compose egli stesso rime d'amore di elegante fattura). Da segnalare la Sua magnificenza di costruttore ( si pensi al Castel del Monte od al Palazzo Imperiale di Lucera) e di Mecenate. Fondatore dell'Università di Napoli, ed animatore di quel convegno di poeti, filosofi e scienziati che fu la Sua corte, la Magna Carta di Palermo, in cui già Dante riconobbe, nel "De Vulgari Eloquentia", la più alta manifestazione di civiltà dell'Italia duecentesca. A  Lui vanno incondizionati applausi quale fondatore  della poesia lirica italiana: da una Scuola pugliese ebbe origine la Scuola poetica Siciliana che creò un linguaggio da consegnare ai Toscani.
Nella biografia dell'Imperatore, Van Cleve elencò l'impressionante fiorire di Scuole, di Monasteri, di castelli. Ed ancora: il Collegio Medico di Salerno, l'Abbazia di Montecassino, l'Università di Napoli, l'Istituto Superiore  di Lucera (un Istituto Scientifico in cui era coltivato ogni ramo delle scienze speculative). Non da meno, le "CONSTITUTIONES REGNI UTRIUSQUE SICILIAE" emanate, a Melfi, nel 1231. In Esse si affermava il concetto dell'uguaglianza di tutti di fronte alle Leggi, concetto che avrebbe suscitato nuovi ideali di dignità umana e di libertà ed avrebbe dato un prezioso contributo al miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo comune.
Potremmo parlare dei Trattati come "De Arte venandi cum avibus" o delle Sue liriche, ma ho promesso solo qualche riflessione e perciò mi fermo, nello scrivere, certo di aver trasmesso a Voi ed ai Vostri lettori una parte del mio rispetto nei confronti della figura  di Federico II.

dr. Vito Carrescia

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